Recensione Eye Toy Play 3
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Recensione Eye Toy Play 3
[ps2] C’è chi sforna un Principe di Persia all’anno, chi opta per la realizzazione di un Pro Evolution Soccer e chi, come Sony, sceglie di proporre annualmente EyeToy Play. Tre anni e tre versioni… fino ad oggi.
Il numero tre
Niente somiglia più ad un gioco EyeToy come un altro gioco EyeToy. Tanto che diventa difficile distinguerli e trovare delle variazioni originali in questo frenetico ammasso di gesti epilettici e, soprattutto, molto ridicoli. Ma ecco che EyeToy: Play 3 dimostra che si può raggiungere (finalmente) un vertice d’innovazione, riuscendo ad integrare il giocatore in modo più pertinente al contesto. Se i giochi, e l'integrazione del giocatore cambiano, il fondo resta lo stesso, pur offrendo ventate di aria fresca. Per questa nuova proposta abbiamo nove mini-giochi, ripartiti in tre sezioni. Stavolta Sony pecca sulla quantità, ricordando che la seconda uscita ne conteneva 12, ma il delirio di alcuni compensa più che bene questa lacuna.
In effetti, nelle prime due sessioni, si assiste agli stage più divertenti, dove la musica e lo sport la fanno da padroni. Per le note musicali ci troviamo ad un concerto rock, posizionati (uno dopo l'altro) nelle vesti del batterista, del chitarrista o del trombettista, secondo il sacrosanto principio "attacca il ciuccio dove vuole il padrone”. Divertente, ma non necessariamente interessante e, soprattutto, dal sapore di cibo riscaldato. Si potevano fare cose analoghe già in Play 2. Tuttavia, l’esibizione è intervallata da sequenze davvero deliranti, nelle quali impersoneremo l’addetto alla sicurezza incaricato di impedire ai fan di salire sul palco. La nostra immagine viene incastonata in una piccola vignetta ed è possibile spostare la calca semplicemente chinandosi nella direzione voluta. Più classico, nel vero senso del termine, la modalità Direttore di orchestra: sbracciandovi guiderete l’insieme dei musicisti. Il principio è quello, più o meno visto nelle precedenti uscite, ma la sua applicazione si rivela qui pertinente ed efficace. Il meglio si ottiene, comunque, dal versante sportivo, dove due applicazioni offrono un'idea delle nuove possibilità offerte dalla cinepresa di casa Sony: il football e il bowling, e in misura inferiore la pallavolo. Le attività citate mettono diversamente il nostro piccolo corpo muscoloso all’opera, chiedendoci (come al solito) di muovere le braccia. Ancora una volta la nostra immagine è posta in una piccola porzione di schermo, in posizione differente a seconda dello sport da praticare. Nel ruolo del quaterback, cominceremo con lo schivare un primo assalto, inclinandoci prima di lanciare il pallone ad un giocatore. Da questo momento, nelle scarpette del ricevitore, bisogna zampettare sul posto e ondeggiare per evitare di farci mazzolare dalla difesa avversaria. Giungiamo al bowling, dove impersoniamo il ruolo della palla. Un piccolo salto sul posto e “partiamo” verso i birilli, controllando l'orientamento della sfera agitandoci come dei fondisti asmatici che tentano di recuperare una fuga.
Nuove interazioni, vecchi problemi
Ciò che di buono viene proposto da Play 3 si scioglie nei soliti problemi di questo tipo di giochi. Certo, come detto, c'è dell'originalità nel modo di integrare del giocatore, ma il soffio del rinnovamento si smorza abbastanza rapidamente per cedere il posto - troppo presto - alla sensazione di già visto. In sostanza, solamente tre mini-giochi fanno la novità, gli altri sei sono perfettamente classici, funzionando sulle vecchie basi: toccare un bersaglio al momento giusto o agitare un aggeggio che va ad interagire con un altro. Lo scherzo Fantasma, ad esempio, consiste nel chinarsi quando un fantasma ci lancia una cosa e sollevare la mano quando lo spettro si avvicina. Il Salone di Bellezza, dal canto suo, non presenta molto più interesse e pone anche uno dei problemi di giocabilità del titolo. Una delle prove di questa opzione esige che ci si dedichi ad un taglio di capelli a dir poco barbaro, seguendo le indicazioni a schermo. Cosa, quest’ultima, che si fa con grande fatica, senza comprendere infine il perché. Quindi, dopo avere provato l'eccitazione della novità delle prime sessioni, ed avere constatato rapidamente la loro brevità, si versa una piccola lacrima sulla debolezza delle modalità più classiche e, più ancora, sul loro esiguo numero.
Il numero tre
Niente somiglia più ad un gioco EyeToy come un altro gioco EyeToy. Tanto che diventa difficile distinguerli e trovare delle variazioni originali in questo frenetico ammasso di gesti epilettici e, soprattutto, molto ridicoli. Ma ecco che EyeToy: Play 3 dimostra che si può raggiungere (finalmente) un vertice d’innovazione, riuscendo ad integrare il giocatore in modo più pertinente al contesto. Se i giochi, e l'integrazione del giocatore cambiano, il fondo resta lo stesso, pur offrendo ventate di aria fresca. Per questa nuova proposta abbiamo nove mini-giochi, ripartiti in tre sezioni. Stavolta Sony pecca sulla quantità, ricordando che la seconda uscita ne conteneva 12, ma il delirio di alcuni compensa più che bene questa lacuna.
In effetti, nelle prime due sessioni, si assiste agli stage più divertenti, dove la musica e lo sport la fanno da padroni. Per le note musicali ci troviamo ad un concerto rock, posizionati (uno dopo l'altro) nelle vesti del batterista, del chitarrista o del trombettista, secondo il sacrosanto principio "attacca il ciuccio dove vuole il padrone”. Divertente, ma non necessariamente interessante e, soprattutto, dal sapore di cibo riscaldato. Si potevano fare cose analoghe già in Play 2. Tuttavia, l’esibizione è intervallata da sequenze davvero deliranti, nelle quali impersoneremo l’addetto alla sicurezza incaricato di impedire ai fan di salire sul palco. La nostra immagine viene incastonata in una piccola vignetta ed è possibile spostare la calca semplicemente chinandosi nella direzione voluta. Più classico, nel vero senso del termine, la modalità Direttore di orchestra: sbracciandovi guiderete l’insieme dei musicisti. Il principio è quello, più o meno visto nelle precedenti uscite, ma la sua applicazione si rivela qui pertinente ed efficace. Il meglio si ottiene, comunque, dal versante sportivo, dove due applicazioni offrono un'idea delle nuove possibilità offerte dalla cinepresa di casa Sony: il football e il bowling, e in misura inferiore la pallavolo. Le attività citate mettono diversamente il nostro piccolo corpo muscoloso all’opera, chiedendoci (come al solito) di muovere le braccia. Ancora una volta la nostra immagine è posta in una piccola porzione di schermo, in posizione differente a seconda dello sport da praticare. Nel ruolo del quaterback, cominceremo con lo schivare un primo assalto, inclinandoci prima di lanciare il pallone ad un giocatore. Da questo momento, nelle scarpette del ricevitore, bisogna zampettare sul posto e ondeggiare per evitare di farci mazzolare dalla difesa avversaria. Giungiamo al bowling, dove impersoniamo il ruolo della palla. Un piccolo salto sul posto e “partiamo” verso i birilli, controllando l'orientamento della sfera agitandoci come dei fondisti asmatici che tentano di recuperare una fuga.
Nuove interazioni, vecchi problemi
Ciò che di buono viene proposto da Play 3 si scioglie nei soliti problemi di questo tipo di giochi. Certo, come detto, c'è dell'originalità nel modo di integrare del giocatore, ma il soffio del rinnovamento si smorza abbastanza rapidamente per cedere il posto - troppo presto - alla sensazione di già visto. In sostanza, solamente tre mini-giochi fanno la novità, gli altri sei sono perfettamente classici, funzionando sulle vecchie basi: toccare un bersaglio al momento giusto o agitare un aggeggio che va ad interagire con un altro. Lo scherzo Fantasma, ad esempio, consiste nel chinarsi quando un fantasma ci lancia una cosa e sollevare la mano quando lo spettro si avvicina. Il Salone di Bellezza, dal canto suo, non presenta molto più interesse e pone anche uno dei problemi di giocabilità del titolo. Una delle prove di questa opzione esige che ci si dedichi ad un taglio di capelli a dir poco barbaro, seguendo le indicazioni a schermo. Cosa, quest’ultima, che si fa con grande fatica, senza comprendere infine il perché. Quindi, dopo avere provato l'eccitazione della novità delle prime sessioni, ed avere constatato rapidamente la loro brevità, si versa una piccola lacrima sulla debolezza delle modalità più classiche e, più ancora, sul loro esiguo numero.
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